La diffamazione a mezzo Facebook
La lesione di onore e reputazione, diffusa tramite social network, integra il reato di diffamazione aggravato da un qualunque mezzo di diffusione, quale appunto è quello telematico.
Il social network oggi più famoso ed utilizzato è sicuramente Facebook che, per le sue caratteristiche, permette la conoscenza e/o la conoscibilità dei fatti pubblicati da parte di un numero indeterminato di utenti e, per questo, rappresenta un luogo dove può essere commesso il reato di diffamazione.
Previsto dall'art. 595 c.p., il reato di diffamazione prevede che l'offesa arrecata debba essere comunicata ad almeno due persone ed essere offensiva dell'altrui reputazione, intesa come l'onore e il decoro di una persona nell'opinione degli altri.
La diffamazione è un reato di evento che scatta nel momento in cui la frase viene percepita dai destinatari. Sui social network, e più in generale sulla rete internet, questa conoscenza la si ha non quando l'offesa viene messa in rete, ma quando questa viene percepita dagli utenti.
L'offesa per integrare il
reato, deve presentare le seguenti caratteristiche:
- essere riferita ad una persona ben individuata o individuabile con certezza (non sempre è necessario fare nome e cognome);
- essere immessa in uno degli spazi virtuali aperti al pubblico o essere comunicata ad almeno due persone;
- deve sussistere il dolo, ovvero colui che offende deve avere la coscienza e la volontà di ledere l'altrui reputazione o onore.
La pena che si applica a colui che accusato del reato di diffamazione su Facebook (art. 595, comma III c.p.) è la reclusione da 6 mesi a 3 anni, oppure, in alternativa la multa non inferiore ad € 516.
Oltre a queste pene, il Giudice penale condannerà poi il colpevole a pagare una somma di danaro in favore della vittima a titolo di risarcimento del danno morale, qualora quest'ultima decidesse di costituirsi parte civile nel processo. In alternativa, il risarcimento del danno potrà sempre essere richiesto in sede civile, qualora non sia stato liquidato in sede penale, nel caso in cui la parte offesa non si sia costituita parte civile oppure nel caso in cui non ci sia stato alcun processo penale a carico del diffamante. E' quindi possibile iniziare anche solo un giudizio civile finalizzato all'ottenimento del risarcimento del danno, senza fare la denuncia penale.
Una volta che si ritenga di aver subito una diffamazione su Facebook, occorrerà sporgere querela entro tre mesi: la querela va presentata -personalmente o tramite un legale- alla Procura della Repubblica, ai Carabinieri o presso Polizia/Polizia Postale. Il termine di tre mesi decorre però da quando la vittima ha avuto notizia della diffamazione.
Spetta a colui che agisce in giudizio - e dunque alla vittima - il compito di provare il fatto, portando delle prove, come ad esempio l'immagine stampata con impresse le scritte diffamatorie, oppure / in aggiunta indicando dei testimoni che possano confermare i fatti. E' opportuno che l'immagine stampata sia autenticata da un Notaio, in quanto i Giudici italiani non sempre attribuiscono attendibilità ad un semplice screenshot in quanto potrebbe essere soggetto a manipolazioni (sempre secondo i Giudici).
La persona che scrive una frase diffamatoria viene punita sempre, pure laddove l'offesa abbia ad oggetto un fatto vero o noto (art. 596 c.p.). Ad esempio, definire come "ladro" un soggetto costituisce sempre diffamazione, pure se quello sia stato condannato per furto.
Per le diffamazioni proferite attraverso i social network è competente il Giudice del domicilio dell'imputato e, nella forma "aggravata" -in quanto l'offesa è stata postata negli spazi pubblici-, la competenza è del Giudice monocratico e non del Giudice di Pace.
Il reato si consuma nel momento in cui la frase è inserita in rete tuttavia il termine di tre mesi entro cui la vittima deve sporgere querela decorre da quando egli è venuto a conoscenza dell'immissione in rete delle frasi illecite.
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