Il rifiuto d’indicazioni sulla propria identità personale

21.04.2017

Cosa succede se si omette di fornire le proprie generalità al controllore del treno, al controllore dell'autobus, ad una guardia venatoria o ad un agente di Polizia?

Il nostro sistema, all'art. 651 del Codice Penale, sancisce che commette il reato di "rifiuto d'indicazioni sulla propria identità personale" chiunque, su richiesta di un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, si rifiuti di fornire indicazioni sulla propria identità personale, sul proprio stato, o su altre qualità personali. In tal caso la pena che si applica è quella dell'arresto fino ad un mese o quella dell'ammenda fino ad Euro 206,00.

È interessante osservare che la contravvenzione scatta nell'esatto momento in cui il soggetto si rifiuta di fornire le proprie generalità, essendo irrilevante il fatto che tali informazioni siano state fornite successivamente. Questo è quanto affermano i Giudici italiani (tra gli altri: Trib. Roma 24.05.2014; Cass. Pen. n. 6052/1995). Scopo della norma è infatti quello di evitare che l'attività della pubblica amministrazione - in questo caso quella di vigilanza - sia intralciata anche temporaneamente.

L'interesse (bene giuridico) tutelato dalla fattispecie incriminatrice in esame è infatti costituito dal potere-dovere di vigilanza attribuito dalla legge all'Amministrazione di appartenenza del pubblico ufficiale al quale il rifiuto viene opposto. La ratio legis dell'articolo 651 codice penale è, infatti, proprio quella di salvaguardare l'esigenza di consentire al pubblico ufficiale una pronta e compiuta identificazione del soggetto in circostanze di interesse generale, al fine di evitare ostacoli all'attività di soggetti istituzionalmente preposti all'assolvimento di compiti di prevenzione, di accertamento o di repressione dei reati oppure di semplice garanzia della quiete pubblica. Si noti che con la nozione di pubblico ufficiale non ci si riferisce solamente alle forze di Polizia o ai Carabinieri, ma a tutti gli ufficiali, compresi i controllori dei treni o degli autobus, le guardie venatorie ecc..

Si noti inoltre che la scelta dei pubblici ufficiali di richiedere le generalità è sempre libera ed insindacabile da parte dei Giudici, con l'unico limite è che essa avvenga durante lo svolgimento di pubbliche funzioni. Non è quindi necessario che la persona sia responsabile di un reato o di un illecito amministrativo.

Integra il reato in esame non solo il diniego di fornire nome e cognome, ma anche tutte le altre indicazioni richieste per una completa identificazione, come il luogo di residenza, la data ed il luogo di nascita ecc.; non vi rientra invece - a titolo di esempio - lo stato di tossicodipendenza.

Allo stesso modo, l'illecito opera anche se l'identità sia facilmente accertabile da parte dell'ufficiale, ad esempio leggendo le generalità nel libretto consegnatogli dall'automobilista. Fa eccezione a questi principi l'ipotesi in cui l'ufficiale conosca personalmente il soggetto.

Per escludere la fattispecie di reato in questione è sufficiente fornire le informazioni richieste a voce, non essendo richiesta la consegna dei documenti (Cass. Pen. n. 2261/1991).

L'elemento psicologico di questo reato contravvenzionale è rappresentato sia dal dolo che dalla colpa.

In ogni caso di rifiuto, il soggetto potrà essere portato in caserma ai fini del riconoscimento, ed anche sotto questo profilo la scelta degli agenti è discrezionale. La permanenza in caserma non potrà però essere superiore alle ventiquattro ore.

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